Economia e Finanza

Citywire

Osservatorio Global Bonds

Il primo mese del 2018 è stato caratterizzato da un sensibile innalzamento dei rendimenti dei titoli di Stato su ambo le sponde dell’Atlantico. Da inizio anno la curva dei Treasury è salita irripidendosi moderatamente: il costo del servizio al debito biennale di Washington è cresciuto di una ventina di punti base ed eccede attualmente il 2.1% e quello del decennale è aumentato dello 0.3% raggiungendo quota 2.70% per la prima volta dopo quattro anni. Ancora più pronunciato è stato l’incremento del differenziale tra il Bund tedesco a due anni, il cui yield è cresciuto di 10 punti base a -0.50%, e l’omologo decennale che rende oggi poco meno dello 0.70% ovvero lo 0.25% più che a fine 2017.

I rendimenti degli OAT francesi si sono mossi in misura molto simile a quella tedeschi. Tale trend che caratterizza buona parte delle economie avanzate presenta, tuttavia, non riguarda il Giappone e – sorprendentemente – l’Italia.

Nel primo caso la curva dei Governativi è gestita dalla Banca Centrale che modula il proprio programma di acquisto di titoli con l’obiettivo di mantenere a zero lo yield del decennale.

L’interesse richiesto sui bond del Nostro Paese, invece, nelle ultime settimane è rimasto invariato lungo tutto lo spettro delle scadenze nonostante l’incertezza politica in vista delle Elezioni politiche del 4 marzo prossimo. Il rialzo dei rendimenti sopra descritto deriva in prima istanza dal recente miglioramento delle prospettive di crescita economica su scala globale potenzialmente in grado di accrescere le aspettative di inflazione spingendo Fed e BCE ad implementare una politica monetaria più restrittiva.

Nel caso degli USA, inoltre, il mercato prezza il futuro aumento delle emissioni di debito pubblico reso necessario dalla riduzione della pressione fiscale decisa a dicembre dall’Amministrazione Trump. Le Autorità Monetarie nordamericana ed europea – almeno per il momento – non hanno modificato le rispettive politiche e le proprie dichiarazioni di intenti.

Il 31 gennaio, infatti, la Fed ha mantenuto al range 1.25%/ 1.50% il tasso di riferimento, confermato il processo di restringimento delle dimensioni del bilancio iniziato a ottobre 2017 e ribadito di prevedere tre nuovi rialzi del costo del denaro – per complessivi 75 punti base – nel 2018 e due nel 2019. La settimana precedente, l’Eurotower ha lasciato a zero e -0.4% il tasso di riferimento e quello sui depositi bancari presso sé medesima e ribadito che ilQuantitative Easing, che consta oggi di 30 miliardi di Euro di titoli al mese – proseguirà sino a fine settembre o oltre qualora necessario.

Tanto Washington quanto Francoforte, tuttavia, hanno esternato crescente ottimismo circa le condizioni economiche sia sul piano globale sia locale. A differenza di quanto abitualmente accaduto in passato, le Banche Centrali dei maggiori Paesi Emergenti non si muovono nella medesima direzione di BCE e soprattutto Fed. Brasilia e Mosca stanno, infatti, espandendo la politica monetaria abbassando i tassi, mentre l’operato di Giacarta, Nuova Delhi e Pechino pare destinato a mantenersi sostanzialmente neutrale almeno nel medio periodo. Le curve dei titoli di Stato in divisa locale, in tal senso, hanno registrato a gennaio movimenti molto più contenuti dei corrispettivi europei e nordamericani.

La crescente robustezza e diffusione della ripresa economica mondiale, inoltre, si riflette positivamente sui conti delle aziende del Nostro Continente e di quelle nordamericane – che beneficiano anche della flessione dell’imposizione fiscale. Gli spread creditizi dei titoli Investment Grade, pertanto, sono diminuiti a gennaio dello 0.10% circa tanto in Europa quanto in USA, e si attestano rispettivamente allo 0.73% – minimo da inizio 2015 – e allo 0.82% – livello più esiguo da oltre tre anni – a fine gennaio.

Ancor più pronunciato è stato il restringimento del differenziale di rendimento tra Governativi e High Yield dollaro denominati, sceso dello 0.40% da inizio anno e oggi pari al 3.3% appena, dato vicino al minimo storico della primavera 2014. Ampia maggioranza dei più importanti gestori obbligazionari continua a mantenere una limitatissima duration di portafoglio, sottolineando come nell’attuale contesto il rischio più grave per l’asset class attenga a un, anche moderato, incremento dell’inflazione in grado di accelerare la risalita degli yield ripercuotendosi pesantemente sui corsi dei Governativi e dei Corporate.